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Network delle malattie rare senza nome: una chance per giungere a una diagnosi

Ti chiamerò per nome. Si intitolava così una tavola rotonda organizzata dal Centro nazionale per le malattie rare nel 2019 per discutere di progetti, azioni, strategie che fossero in grado di identificare malattie non solo rare ma, talmente sconosciute, da non avere neppure un nome. Quel titolo, a metà tra una sfida e la speranza di una certezza, era, e resta, il nostro obiettivo: dare un nome a malattie di cui si sa poco o nulla. E siccome il nome ha proprio la funzione di identificare qualcuno o qualcosa, nel nostro caso equivale a tagliare un vero e proprio traguardo, quello di fornire una diagnosi a persone che ne sono orfane da tanto tempo (anche da cinque-dieci anni dall’insorgenza dei sintomi per un malato su tre). Inoltre, un nome è anche il primo indizio da cui iniziare una ricerca, che per tanti pazienti può significare il primo passo di un possibile percorso di cura adeguato.

Sappiamo che la maggior parte di queste malattie ha origine genetica e, sempre più spesso, multifattoriale, dovuta cioè all’interazione fra geni e ambiente; che, allo stato attuale, non esiste un test (molecolare, biochimico, clinico) in grado di caratterizzarle e che, a volte, il quadro clinico è talmente complesso da renderle, letteralmente, più uniche che rare. Da qui l’idea: perché non creare un network internazionale dove pazienti, medici e ricercatori (clinici e non, genetisti, bioinformatici, etc.) potessero condividere i dati clinici di ciascun paziente e scoprire magari che, da qualche altra parte del pianeta, esiste “un secondo paziente” con un quadro clinico simile a quello del primo? Così nel 2014, nasceva presso l’ISS l’ “Undiagnosed Rare Diseases Network International” (UDNI ), che oggi si arricchisce di una novità importante, una seconda possibilità per chi, nonostante i vari sforzi, non ha ancora ricevuto una diagnosi: la nuova versione del sito, infatti, prevede che in un’apposita sezione interamente dedicata ai pazienti, vengano caricate fotografie e una breve descrizione fenotipica (ossia le caratteristiche fisiche causate dalla malattia), per consentirne la condivisione a livello globale e facilitarne il riconoscimento. Tutto ciò è ovviamente realizzato nel rispetto della normativa vigente sulla protezione dei dati (GDPR).

Antesignano di UDNI è stato il programma americano “The Undiagnosed Diseases Program”, sviluppato nel 2008 presso il National Institute of Health (NIH) e basato sulla possibilità di ospitare un paziente presso le strutture cliniche di Bethesda (Maryland). Qui, attraverso l’esecuzione di una cospicua serie di analisi, a circa il 25%-50% dei pazienti viene data una diagnosi definitiva anche se, purtroppo, il 25% dei casi vieni archiviato come “unsolved”. Sulla scia di quanto accadeva all’NIH e su impulso del CNMR, dunque, nel 2014 un ristretto numero di ricercatori provenienti da varie parti del mondo, fondava all’ISS il Network internazionale UDNI, con la collaborazione anche della Wilhelm Foundation, un’associazione di pazienti svedese motivati a sostenere lo sviluppo e le attività di ricerca a causa della tragedia personale che i due fondatori avevano vissuto con la perdita dei loro tre figli, colpiti da una malattia rara senza diagnosi. Ad oggi hanno aderito ad UDNI 32 Paesi: Australia, Austria, Belgio, Brasile, Bulgaria, Canada, Cile, Cina, Ecuador, Francia, Georgia, Germania, Ghana, Hong Kong, Ungheria, India, Israele, Italia, Giappone, Corea, Mali, Nuova Zelanda, Filippine, Singapore, Spagna, Sri Lanka, Svezia, Svizzera, Tailandia, Paesi Bassi, Turchia, Usa.

Parola d’ordine per chi fa parte del Network è “condivisione”. I partecipanti condividono conoscenze scientifiche, esperienze e protocolli di studio; condividono linee guida e iniziative; condividono possibilità di partecipare insieme a bandi internazionali di ricerca. Soprattutto, condividono le informazioni e i dati dei pazienti di cui non si riesce ad arrivare ad una diagnosi. Tecnicamente, questo avviene tramite l’utilizzo di software specifici che consentono di caricare e aggiornare enormi quantità di dati e di aprire così una finestra sul mondo instaurando un vero e proprio confronto con tutti i ricercatori che potrebbero aver individuato un paziente con caratteristiche simili ad uno in precedenza ritenuto unico al mondo. Quando il confronto mostra che due pazienti sono molto simili per fenotipo e caratterizzazione genotipica, i ricercatori dei due gruppi si confrontano per approfondire gli studi e verificare la possibilità che si sia di fronte a due casi della stessa malattia e che l’eventuale mutazione identificata sia causa della patologia. Al fine ultimo di arrivare ad una diagnosi certa, grazie alla quale poter accedere ad appropriati percorsi terapeutici.

Il Network organizza almeno una Conferenza all’anno per facilitare le attività sopradescritte e dal 2014 ad oggi sono state realizzate otto Conferenze internazionali (Roma, Budapest, Vienna, Tokyo, Stoccolma, Napoli, Nuova Delhi, Nijmegen); la prossima sarà, in forma virtuale, a Rochester (Minnesota, USA) il 9-11 aprile 2021.

Fonte: Centro nazionale per le malattie rare

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