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Distrofia corneale di Schnyder: finanziamento da 240.000 Euro per la ricerca di strategie terapeutiche

Il Progetto di ricerca sulle strategie terapeutiche per combattere la distrofia corneale di Schnyder(SCD) – coordinato dal Professor Massimo Santoro, Professore del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova e Principal Investigator alla Fondazione per la Ricerca Biomedica Avanzata – Istituto Veneto di Medicina Molecolare (VIMM) – è stato selezionato dalla Commissione medico-scientifica di Fondazione Telethon per un finanziamento dell’importo di 240.000 euro per la durata di 3 anni (2021/2024).

Classificata tra le malattie rare, la distrofia corneale di Schnyder è una malattia genetica degli occhi che provoca una deposizione anormale di colesterolo a livello della cornea: questo accumulo di sostanze lipidiche porta a una graduale opacizzazione dell’occhio con progressiva diminuzione dell’acuità visiva, fino alla cecità.

Questa sindrome – che generalmente si manifesta entro i primi quarant’anni di vita – è dovuta a diverse mutazioni a carico del gene UBIAD1, che si trova sul cromosoma 1 e si trasmette con modalità autosomica dominante: basta ereditare anche solo una delle due copie del gene mutato per sviluppare la malattia, senza distinzione tra i due sessi. Ogni genitore, se portatore del difetto, ha quindi una probabilità su due di trasmetterlo ai figli.

Al momento, l’unico modo di trattare i casi più gravi è ricorrere a interventi di tipo chirurgico: il trapianto di cornea o la cheratectomia fototerapeutica, meglio nota come trattamento al laser.

Questa tecnica, molto meno invasiva e più facilmente praticabile, consiste nella riduzione o eliminazione dei depositi lipidici che impediscono una corretta visione grazie a un laser ad altissima precisione.

Tuttavia, tali trattamenti non impediscono alla malattia di ripresentarsi: per questo il team si concentrerà sulla ricerca di nuove strategie terapeutiche e sull’aumentare la conoscenza dei meccanismi molecolari alla base della patogenesi della SCD.

“Conoscere le funzioni della proteina UBIAD1, sia quando normale che mutata, è fondamentale per comprendere la malattia e definire il corretto approccio terapeutico.” Ha sottolineato Massimo Santoro. “Il nostro gruppo di ricerca si propone di utilizzare modelli animali e tessuti derivati da pazienti SCD per studiare i meccanismi molecolari patologici conseguenti alle mutazioni del gene UBIAD1, per capire quali sono i difetti cellulari alla base di questa patologia nell’uomo. Questi risultati costituiranno le conoscenze sulle quali basare in futuro lo sviluppo di strategie terapeutiche adeguate (farmacologiche, genetiche e cellulari) per curare i pazienti affetti da SCD.”

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